Prima della corrida il toro viene tenuto al buio, viene percosso sui reni con sacchi di sabbia e gli vengono somministrate delle potenti purghe (a volte anche droghe) per indebolire le sue forze. Gli vengono scorticate le punte delle corna per renderle più sensibili al dolore. Gli vengono unti gli occhi di vaselina per diminuire la sua vista, e gli viene infilata ovatta nelle narici per farlo respirare a fatica. Gli viene cosparso acido ustionante sulle zampe e gli vengono conficcati spilli nei testicoli per farlo agitare e contrastare la sua naturale mansuetudine. Quando il toro arriva nell’arena non è altro che un animale terrorizzato che cerca disperatamente un’uscita. I primi torturatori ad entrare in scena sono i “picadores” che dall’alto di un cavallo conficcano una lancia nel collo del toro in modo da distruggergli i muscoli e i tendini che gli permettono di alzare la testa. Ciò provoca al toro un dolore molto intenso, una forte emorragia e una devastazione degli organi interni. I cavalli dei “picadores” sono pure delle vittime: imbottiti di sedativi, con le corde vocali recise e muniti di paraocchi vengono spinti verso il pericolo. Il materassino che dovrebbe proteggerli a volte non è sufficiente e il cavallo viene letteralmente sbudellato dalle cornate del toro, o riporta delle fratture durante le cadute. Poi arrivano i “banderilleros” che piantano arpioni di 6-8 cm nella ferita provocata dal “picador”. Questi arpioni, conficcati nel collo del toro, servono a strappargli le carni ad ogni suo movimento. La famosa “muleta” (lo straccio rosso che viene agitato davanti al toro) ha come unico scopo quello di disorientare e stancare il toro, in modo che abbassi la testa e il “matador” possa conficcargli la spada. Contrariamente a quanto si pensa, il suo colore rosso non serve ad eccitare il toro (che come la maggior parte degli animali vede in bianco e nero) ma a mascherare gli schizzi di sangue che impressionerebbero il pubblico. Finalmente arriva il “matador” che in teoria dovrebbe porre fine all’agonia dell’animale con un unico colpo di spada, conficcata fra le scapole, fino al cuore. Ma questo non accade praticamente mai. Dopo due, quattro, sei colpi di spada, il toro agonizzante coi polmoni perforati e l’interno devastato si lamenta penosamente, vomitando sangue. Verrà poi finito con la “puntilla” un pugnale corto che gli sezionerà il midollo spinale. Se la “puntilla” non taglia completamente il midollo ma lo ferisce solamente, il toro rimane paralizzato ma cosciente. Ancora vivo gli vengono tagliate orecchie e coda, i trofei di un’ingiusta vittoria; poi verrà trascinato fuori dall’arena verso il mattatoio, dove verrà fatto a pezzi. I circa 20.000 tori vittime ogni anno delle corride sono solo una piccola parte degli animali seviziati in Spagna per puro divertimento. (Non credo che neanche Dio possa perdonare questo orrore)
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